De Rugis, 2012

Il tempo che passa e che lascia impronte ma soprattutto i segni che noi lasciamo nel tempo.

C’è un’inquietudine che persiste, una nota tenuta, un basso continuo, un irrisolto enigma che si fa tensione e clima dell’intero libro e ne costituisce la ragione dominante. Il bisogno di fermare l’istante che non si ripeterà cogliendolo al laccio prima che si perda, che scompaia per sempre senza lasciare segno.
Lo dicono gli sguardi pesanti su tutto, la febbrile emancipazione dei nomi comuni di casa, il continuo combattimento tra il volere e il desistere, l’ombra presente dell’eros, l’addio pronunciato, il lavoro infaticabile d’essere vivi nonostante.

Ancora il tempo torna a cadenzare e a dettare i passi. L’incedere nel mondo. L’accordarsi delle cose alle stagioni, ai giorni; ancora il battito delle ore misura il silenzio pieno di attese e le domande che non hanno risposta (Francesco Scarabicchi).

Viola

Mi pare tu abbia
già quell’ironia
quando accenni
ad un sorriso
ambiguo e diffidente

e mi guardi
come interlocutore
attento
che non ha per niente
voglia di mollare.

La tua grazia
è ardita
e scalci come un mulo
al bivio.

Non so se è già consapevolezza.

Ti accompagna
un profumo intenso
che sa di cure
e di latte di madre.

La nostra stupefazione
di averti qui
è forse pari alla tua
di stare al mondo
che interroghi
con i tuoi occhi
punta di spillo
senza risposta.

Amanti smarriti
E poi ti ricordi che c’è il mare
al di là dell’arenile
al di là delle voci
al di là dell’acqua tonica
e del disappunto condiviso.

Dimora delle anime perse
che tacciono per pudore
di farsi riconoscere
mentre aspettano l’ospite
del giorno dopo.

In questa notte senza rumore
noi siamo illuminati
invece
da pensieri che ci fanno sembrare
amanti smarriti.

Tubero
Perché non si può trapiantare
il cuore altrove
come un tubero di solanacee
e lasciare libero l’incavo?

Perché no?

Ma tu scalfisci già il mio mattino
coscienza del giorno
mentre si stringe la trama della tela
che copre il mio peccato.

Non te lo chiederò
lo farai tu e sarà senza colpa.

“Mi prese di costui piacere si forte
Che, come vedi, ancor non m’abbandona”.